Ho spesso sentito chiedere "quando inizia un viaggio?" e le risposte, copiose e spesso convincenti, le ho bevute tutte d'un fiato.
Ma una vita, quando comincia una nuova vita? Quando metti in discussione quello che è stato? Quando decidi di andare via per non sai dove? O quando, dopo lungo spulciare annunci e guardare improbabili immobili, intuisci il luogo in cui far sentire il tuo cuore a casa? Qual è quell'attimo, quel momento che ti fa capire che stai lasciando qualcosa per abbracciare altro, e poi, lo lasci davvero o si trasforma dentro di te? C'è bisogno di un atto di lucido fare o è un naturale evolversi che apre nuove porte, ti invita a nuovi viaggi, ti aspetta ammiccante dietro l'angolo?
Mi chiedo quale sia stato il primo presuntuoso pensiero che, instillatosi nella mia mente giovane e poco avvezza ai crucci di percorso, mi abbia fatto ragionare per sentito dire, perché così fan tutti, perché me lo hanno insegnato i grandi. Oggi, si, che quaranta primavere non hanno ancora bussato alla mia porta, mi chiedo quale è stato l'attimo in cui mi sono lasciata, o forse non mi sono mai trovata? Come ho fatto, dico io, a vivere senza di me, a fare a meno della mia pelle, del mio respiro, del calore delle mie guance quando mi sveglio stropicciata? Mentre cerco di imparare ad accogliere, spegnere la mente che mente e che giudica, spietata e vivisezionante, mi sfugge l'idea di essere stata presuntuosa fin tanto che ho creduto di vivere per accontentare gli altri, perdendo di vista ME, chi fossi io e dimenticando quindi che la scelta, sempre e comunque, è soltanto la mia e che da essa può dipendere anche la felicità altrui che può ambire dunque a essere piena e non un mero accontentarsi.
Ieri sera ho visto Alice in Wonderland, o forse è lei che ha visto me, e beffarda mi ha sorriso come chi, quel cruccio di non essere mai della misura giusta al posto giusto, lo conosce da vicino.
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