mercoledì 8 maggio 2013

Tras-Loco su www.fravola.it: arrivano le esperienze di digital coaching in Toscana



Ciao, ho cambiato casa da un po': la strada  la proseguo su fravola.it


Se ti va, seguimi lì: ti racconto dei miei progetti di digital & life coaching, delle mie esperienze in natura e della mia vita tra l'isola d'Elba e la campagna toscana :)






Ti aspetto :)

giovedì 2 maggio 2013

Di ContaminAzione virtù

Da tempo ho in mente di voler scrivere questo post, più o meno da quando, quella domenica di festa per #springelba13, ho visto riunirsi una gran bella umanità elbana sotto il tetto del "fare".
Del senso dell'iniziativa volta a radunare 9 persone che, vivendo l'isola tutto l'anno, abbiano il sentire di restituirle bellezza e poesia attraverso le loro opere, avevo già scritto qua ma come sempre accade, vivere l'esperienza è sempre più emozionante di quanto non lo sia pensarla.

Vivo su quest'isola da 15 anni ormai, tra alti e bassi strutturali che sono propri di chi, come me, l'isola l'ha scelta  e la sua scelta la conferma ogni giorno, spesso a dispetto di difficoltà, incertezze, nostalgie vaghe.
Vivere un'isola, mi spiace ripetermi visto che ne ho scritto spesso, è un esercizio di continuo allineamento interiore, perché induce a un confronto diretto, senza mezzi termini, con il senso del limite che si traduce immediatamente in metafora esistenziale.
Terra di conquista e di "contaminazioni" culturali, appunto, l'Elba ha mantenuto nel tempo il suo fascino selvaggio mescolandolo a una ritrosia, a volte solo apparente, che ne ha decretato una crescente difficoltà nel tempo ad aprirsi al cambiamento, a evolvere nuove strategie di comunicazione e di sviluppo.

Luca Polesi: di lui scriverò, fidatevi :)

Incontrare nove persone (per lo più a me sconosciute fino a poco tempo fa) unite dalla stessa passione per un'isola che, in chi la ami, sviluppa un naturale senso di riconoscenza per quel "tanto" che ha continuamente la possibilità di vivere, ha avuto per me il sapore di un riconoscersi, di un "vedersi", al di là dei quotidiani abiti professionali e relazionali, intravedendo una umanità con tratti somiglianti, spesso spiegazzata e abituata a nascondersi tra le righe del quotidiano ma pur sempre viva e vitale e desiderosa di incontrare nuovi stimoli.

Francesca Burrascano interpreta a meraviglia lo spirito delle ContaminAzioni in giardino

Con questo comune sentire, si sono incontrati Martina, Paola, Cristina, Beppe, Mario, Michele, Luca, Francesca  e Lara: ognuno di loro ha una storia d'Elba nel cuore, uno proprio sguardo sul reale, un modo di interpretare in modo creativo e costruttivo la vita su un'isola che, altrimenti, rischia di diventare schizofrenica nel suo andamento stagionale.


Ho provato emozione nel fare parlare dell'Elba attraverso gli intrecci di viburno e castagno che Mario, elbano di 93 anni,   mescola  alla sua grande umanità e a  un raro  garbo silenzioso, regalando allo stupito spettatore cesti e storie d'isola di impagabile bellezza.

Attacco di meduse riciclate acura di Lara Castels

Anna Paola Fadda ci fa viaggiare con le sue storie di pesci sognanti

Credo che per chi è passato di qua in quei giorni, #springelba13 abbia rappresentato un accesso privilegiato, perché estremamente autentico, sulle storie di un luogo che, come sempre, vengono interpretate e raccontate dalle persone macredo  anche che si sia trattato di  una grande opportunità di contatto e crescita per il territorio. Sono infatti convinta che l'isola abbia bisogno di crescere e lo possa fare attraverso lo scambio delle persone, in un virtuoso mettersi in rete, aumentare le competenze e le conoscenze, mettersi a servizio di altri in un reciproco scambio d'arte (di vivere, prima di tutto).

Il linguaggio dei fiori di Cristina Sammarco Pennetier

Martina Corsi e i legni di mare

L'equilibrio dell'ulivo di Giuseppe di Simone

La pittura naturale (con piante e terre dell'isola) di Michele Nardi


La mia segreta speranza è  che da questa colorata commistione di storie, possano nascere forme espressive altre, diverse, frutto del "meticciato creativo", del mettersi in rete, del fare squadra, dell'intravedere nuove opportunità di crescita a partire dalla condivisione e non dalla competizione.
In un sistema che fa acqua da tutte le parti, io credo che ognuno sia chiamato in causa a contribuire alla costruzione di un modello di vita (e quindi economico) diverso, basato su forme di scambio, cooperazione, interazione e integrazione del tutto nuove e per questo potenzialmente assai allettante, considerato il momento storico che stiamo vivendo.

I pesci poetici di Anna Paola Fadda


Un ringraziamento sincero e allegro lo rivolgo alle nove persone che con spirito collaborativo e gioioso, hanno partecipato "all'esperimento contaminate", accettando di buon grado l'idea che ognuno portasse il proprio saper fare mettendolo a dispozione del gruppo (una citazione su tutte va al buon Luca Polesi che, avendo sistemato per tempo il proprio spazio, si è adoperato in tutti i modi per aiutare le altre persone che stavano allestendo).

Mario e i suoi 93 anni di bellezza


Sono questi momenti di bella umanità che rendono il mio vivere l'isola particolarmente emozionante e che danno, a mio avviso, senso a una storia dell'Elba fatta di persone, situazioni, passioni e interessi per come amo proporla a voi e per come io credo si dovrebbe iniziare a proporre l'isola.

martedì 30 aprile 2013

Un'isola

Ti amo perché sai sorprendermi, perché fai di ogni giorno un nuovo giorno, un esercizio mai pago in cui io alleno il mio sguardo, imparo a vedere cose già viste come fosse per la prima volta, perché in effetti lo è.


A ben vedere, ogni nuovo giorno porta con sè un potenziale carico di nuove promesse, prospettive impensate, possibilità espressive che fino a ieri erano inimmaginabili e che, proprio oggi, grazie a tutto ciò che è stato fin qui, si rendono manifeste.


Ti amo perché mi ricordi tutto questo, mi tieni in contatto con la natura intima delle cose, perché mi sorprendi a ogni bivio, incrocio, curva, discesa o impervia risalita.
Di te conosco e frequento più spesso solo alcuni aspetti, ai quali non finisco mai di fare l'abitudine perché sai essere sorprendente, che però sono diventati il mio orizzonte quotidiano, nel quale frugo per trovare bellezza, ristoro e tanta poesia.


Quando poi, come ieri, mi sposto un po', sai essere disorientante nella tua straordinaria ricchezza espressiva e mi ricordi la fortuna e la responsabilità che ho nello starti vicina, nel frequentarti quotidianamente, facendo di ogni giorno uno straordinario esercizio di meraviglia e gratitudine, tenendo lontana dalla mia strada la noia e l'abitudine, perché a te non ci abitua mai.


Tu sai sedurre nei silenziosi giorni di bruma, così come nei chiassosi e colorati pomeriggi di soleggiata primavera. Mi inciti a camminarti tra pendii fioriti e baie nascoste dalle leccete ma sai anche aprirti in uno straordinario tripudio di colori nel versante minerario, quello meno battuto dalle rotte turistiche e che per questo, per me, mantiene un fascino esplosivo.



Ti amo perché mi ricordi cosa davvero è importante e cosa non lo è, mi tieni in contatto con l'essenza delle cose, mi aiuti a lasciar cadere il futile e a trattenere ciò che mi appartiene, mi regali sguardi di intimo equilibrio e pensieri leggeri, per tentare di prender fiato per poi, magari, volare.

sabato 27 aprile 2013

Invadi-AMO l'Elba!

Quella delle invasioni digitali, è un'idea geniale nata da  Fabrizio Todisco, i travel blogger italiani di #iofacciorete, gli Instagrammers Italia, Officina Turistica e l' Associazione nazionale piccoli musei, che ha il gran merito di aver coinvolto e contagiato moltissime persone, creando, cito, " una rete  di eventi nazionali rivolti alla diffusione e valorizzazione del nostro patrimonio artistico-culturale attraverso l’utilizzo di internet e dei social media".
Oggi toccca anche alla mia amata isoletta e l'appuntamento è per le 17.30 alla Torre della Linguella.
Sono particolarmente felice di partecipare a questo evento perché sono sempre più convinta che sia un GRANDE bisogno di tornare a forme collaborative e partecipative per riscoprire un nuovo e proficuo senso del "fare" nonché della "cosa comune" e con questo spirito, mi appresto a invadere uno dei tanti luoghi di cultura, scarsamente comunicati e condivisi, che abbiamo la fortuna di ospitare in Italia.
Pacifica, costruttiva, colorata, allegra e vitale: così mi aspetto che sia la nostra invasione che spero si trasformi rapidamente in in-VISIONE del mondo, della vita, della cultura, del bello che ci circonda, del qui e ora (se volete continuo, eh?!).
Ci vediamo alle 17.30 alla Torre della Linguella e.... non dimenticate le parole d'ordine/gli hashtag della giornata ovvero:

#invasionidigitali #liberiamolacultura 

Infine, citando #invasionidigitali, vi ricordo che " non è lo strumento a connotare l'invasore ma la passione e la pacifica attitudine al bello #sapevatelo"

Love and Invadi-Amo l'Elba... a tra pochissimo :)


mercoledì 24 aprile 2013

#springelba13: il viaggio nella bellezza

Oggi il cielo è sereno, almeno da questa parte d'isola.
Il Monte Capanne s'è attirato un girotondo di nuvole e qua, sulla spiaggia di Sansone, splende il sole.
Non sembra vero.
Veniamo dal versante occidentale, dove imperano alti e folti boschi di castagno e leccio e la macchia scende a precipizio fino quasi a lambirlo, il mare, che si insinua in piccole baie appartate di sabbia dorata e  sbatte nelle  scogliere lisce di granito punteggiate di intrusioni di ortoclasio.
In tre quarti d'ora di macchina, però, tutto cambia.
Questa è l'Elba.
Camminiamo lungo un sentiero di campagna e in modo del tutto naturale, inizia un concerto per "fili d'erba" che ci appassiona in un comune gioco a ritroso nel tempo e sembra d'essere bimbetti per i sentieri dietro casa: le distinzioni non esistono e soprattutto non servono, camminiamo insieme godendo della bellezza che ci circonda, punto.




Ci imbattiamo anche  in un generoso cespuglio di strigoli  e poi finocchio selvatico, terratrepoli, malva in fiore e nepitella e inizia il viaggio nelle consuetudini culinarie elbane e viaggiamo nella memoria di un'isola  attraverso i profumi della sua terra generosa.


Anche questa è la cucina emotiva per come l'ho pensata io: l'insieme delle storie che un territorio è capace di raccontare e delle suggestioni che passano attraverso i suoi profumi e i suoi colori che, come per magia, qui all'isola d'Elba possono trasferirsi in un piatto.

Arriviamo rapidamente alla spiaggia dove, in silenzio, ci fermiamo ad ascoltare il mare. C'è chi non resiste e prova a bagnarsi i piedi e chi, addirittura, un tuffo in mare non se lo fa mancare.




Resta, comune per tutti, l'emozione di un luogo che con la sua abbagliante bellezza nutre i nostri silenzi, conforta , ispira, regala sguardi fiduciosi, crea preziosi momenti di condivisione.


C'è chi grida "Caraibi!" chi fa una breve telefonata per condividere con un amico, una persona cara, quel traboccare improvviso di gioia, chi cerca tra i sassi ritrovandosi un pò bambino, chi siede in silenzio, con muto rispetto davanti a sua maestà il mare.


Ognuno porta il suo colore, la propria emozione, il proprio personalissimo (e per questo sacro) modo di accogliere, far spazio dentro di sé a un'emozione violenta perché improvvisa, inattesa, quasi insperata.
Il fatto è che la bellezza unisce e lenisce, emoziona e sorprende, affratella perché ci ricorda la comune origine, spazza via il superfluo e ci fa tornare all'essenziale, a quanto cioè ci accomuna e che con troppa facilità dimentichiamo, persi come siamo nei vicendevoli giochi di ruolo esistenziali nei quali siamo bravi a incastrarci.



Davanti a un mare turchese e a un cielo cobalto, le distinzioni si acquietano, le differenze di sesso, religione, status, cultura, diventano un mucchio di insensati ragionamenti a posteriori perché siamo messi di fronte a quanto di più prezioso esista: il nostro esserci, qui e ora, davanti a un luogo in grado di richiamarci alla sacralità della vita, alla bellezza di un dono sulle cui origini abbiamo lungamente dissertato senza mai arrivare a conclusioni sensate (perché non è con il ragionamento che si raggiungono).


La mia fortuna, nell'accompagnare persone e nel fare esperienze insieme a loro, risiede molto nei luoghi. So perfettamente che la bellezza e la ricchezza naturalistica di quest'isola mi facilita nel compito di far fare spazio, perché vedete, il primo problema è che viviamo "affollati", viviamo cioè sovraccaricati di informazioni, "cose", finte necessità, presunti bisogni, esigenze destinate a non essere mai appagate (perché ci vogliono affamati ma non folli, come diceva Jobs: solo affamati di "cose" che si sostituiscano alla nostra capacità di sentire e quindi anche di percepire gratitudine e appagamento in quanto abbiamo). Dicevo dunque che la prima cosa che sono chiamata a fare, quando propongo alle persone di viaggiare con me, è quella di invitarle a lasciare andare e a fare spazio: perché di spazio ce né, ce n'è stato e ce ne sarà (cantava Ligabue) ma non lo vediamo, non lo sentiamo, perché viviamo nella costante illusione di avere bisogno e di dover accumulare nella vita, senza comprendere che stiamo solo riempiendola di surrogati destinati a ritorcersi contro di noi perché volti ad alimentare la nostra "fame". Io credo che la bellezza curi in un certo senso, perché è capace di levare, togliere, tornare all'essenziale, discernere quanto è utile da quanto invece non lo è e sapete come? Semplicemente palesandosi, senza alcuno sforzo (non è meraviglioso?).
Quindi, per me, invitarvi a fare due passi in riva al mare è un esercizio ben più complesso e profondo di quanto possa sembrare a primo acchito. Certo che desidero mostrarvi la varietà e la ricchezza di quest'isola, ovvio che mi faccia piacere farvi vedere che in tre quarti d'ora si possano raggiungere i Caraibi comodamente seduti in macchina ma non basta.
Quello che veramente ho in animo di fare, è di farvi partecipare al miracolo della bellezza, capace di risvegliare le coscienze sopite e di indicare la via della semplicità e dell'essenza  che non conosce altre strade se non quella del cuore.

Appena ho finito di scrivere queste righe, un twit di Serena mi invitava a leggere il suo racconto  di #springelba13 (leggetelo qui se vi va) e, inutile  dirlo, c'è somiglianza, c'è bellezza, c'è passione e tutto questo mi riconduce al senso del mio scrivere, qui, ora.
Il viaggio continua...

sabato 13 aprile 2013

TemporaneaMente con Cuore Permanente

Ci sono serate illuminanti.
Serate che non lo sai nemmeno tu perché e per come: ti trovi con due donne che conosci pochissimo, la magia di un'ottima cena, il calore di una casa accogliente,  manciate di sintonia, affinità nelle sbucciature, qualche slabbro di troppo che non ha smorzato la luce degli occhi e un comune amore per un'isola che ha davvero il grande pregio di offrire  bellezza a profusione e tantissima ispirazione.
Ti trovi, dicevo, a bere un buon bicchiere di vino (amiamo lo stesso bianco, è stata sintonia anche enologica!) e così, quasi per caso, inciampi in riflessioni profonde e finisci con il mettere a fuoco le tue stesse parole, capovolgendone il senso.

People first, quante volte l'ho scritto e l'ho ripetuto. Insomma, con quanta costanza non ho fatto altro che ripetermi, senza ascoltarmi nel profondo, che le persone FANNO i luoghi e non viceversa (anche se, va da sé, ne sono fortemente influenzate). Cosa significa davvero?
Ebbene, un paio di bicchieri di buon vino, una cena squisita preparata con grande amore e la piacevole compagnia di due donne che, come me, respirano l'isola con intensità, possono aiutare a focalizzare d'un tratto nuovi orizzonti. Nello specifico, io ho capito che se i luoghi li fanno le persone, non è necessario legare la propria visione di accoglienza a un luogo perché, fermo restando che sono le persone a crearlo, il concetto di ospitalità può trasformarsi in una esperienza in itinere nella quale non solo i viaggiatori viaggiano ma anche gli ospiti.
Non è meraviglioso?
Alla fine il viaggio diventa il mezzo e non il fine, per raccontare storie, creare relazioni di scambio realizzare esperienze comuni arricchire di senso le nostre esistenze "senza fissa dimora".
Del resto, non si fa che parlare di transitorietà, di incertezza, di tempi che cambiano... perché opporvisi dunque? perché ostinarsi a mantenere fermi i punti di vista, perché continuare ad immaginare un'accoglienza fatta di persone che vengono a trovarti in QUEL luogo, perché non giocare con i luoghi, non indossarli come fossero abiti, non fare dello spazio una contenitore flessibile e adattabile alle nostre emozioni?

L'Elba con gli occhi di M. Cristina Sammarco


Quest'idea mi piace al punto che vorrei tradurla in realtà perché l'esperienza che ho fatto fin qui mi dimostra ogni giorno con maggiore insistenza che davvero la bellezzza del luogo, che senz'altro rende sensato un viaggio, non basta di per sé a rappresentarne la motivazione mentre, viceversa, le persone, le relazioni, i contenuti umani ed esperenziali che un viaggio potenzialmente ci regala, si.

Ne scriverò ancora, con maggiore precisione e dovizia di particolari che, sono certa, sarà l'esperienza stessa a suggerirmi.
Mentre tutto cambia, le certezze crollano, gli equilibri si ridefiniscono, si fa a gara a chi dipinge a tinte più fosche un futuro che, per definizione è incerto (ergo, mi verrebbe da pensare che stiamo scoprendo l'acqua calda); mentre tutto questo accade, dicevo, mi tengo l'unica certezza che io reputi sensata e cioè che al  cambiamento non ci si oppone con lo scudo della paura e delle false certezze: al cambiamento si allargano le braccia e si risponde accettandolo, assecondandolo, ascoltando quello che, di nuovo, ha da insegnarci.

venerdì 5 aprile 2013

Ogni luogo ha la sua Anima, anche il mare.

Chi l'ha detto che i luoghi non hanno un'Anima?


"In un’epoca nella quale domina l’artificio e la superficialità, basata sull’inganno patinato in modo che l’occhio non possa scorgere la profondità, il cammino filosofico dell’oltrepassamento postmoderno consiste nello smascherare l’inganno della banalizzazione utilitaristica: per spingerci dentro le cose, per discernere la manifestazione dell’essere nella narcotica nauseante ridondanza dell’edonismo consumista. E conoscere quello che il daimon del luogo ci dice: a cominciare dalle sue ferite che non possono, non devono, essere cancellate dal tempo. L’architettura può aiutarci nell’aderire all’identità profonda tra cultura e natura: ascoltando l’anima del luogo, facendo in se stessa un vuoto ricettivo, non sovrapponendo la sua razionalità strumentale, le sue intenzioni soggettive, all’autenticità del luogo, all’oggettività cosmogonica. Che parla da sé. La natura indica perentoriamente, il senso del limite, la sobrietà, la forma".

Hillman 

Ogni luogo ne ha una ben definita.
Ce ne sono centinaia di migliaia, basta tendere l'orecchio, affinare la vista e con essa la capacita di "vedere oltre". E' meraviglioso. Ogni spazio o luogo che abitiamo, non si limita ad essere il mero contenitore delle nostre esperienza ma è esso stesso parte integrante di un racconto, di un vissuto, essendo il  "portatore sano" di una topografia dinamica interiore, fatta di sentimenti e memorie, figure e forze, fantasie e pensieri,  come scrive Hillman.
Credo che questa consapevolezza  dovrebbe essere il nostro mantra quotidiano, la conditio sine qua non del nostro agire, nel rispetto di quanto abbiamo ricevuto in prestito: ricordate il discorso capo indianoSeattle al Presidente degli Usa F. Pierce?

"Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all'uomo ma l'uomo appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.
Tutte le cose sono collegate. Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra.
L'uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo. Qualunque cosa egli faccia alla trama egli lo fa a se stesso. Anche l'uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico, non può essere esonerato dal destino comune. Potremmo essere fratelli, dopo tutto".


Nell'amministrare un territorio, io sono convinta che la prima cosa da fare sia proprio il mettersi in ascolto, l'affinare quello sguardo di cui scrivevo prima, nella costante ricerca delle storie che lo spazio che abitiamo ha da raccontarci.
Ascoltare  le narrazioni insite in un luogo, significa conoscerlo, comprenderne le potenzialita e le specificità che sta esprimendo e quindi, va da sé, rendere  semplice ed efficace l'incontro tra la domanda (le persone potenzialmente interessate a un luogo e alle sue narrazioni) e l'offerta (il luogo stesso, il contenitore attivo di storie da raccontare).
Troppo spesso invece assistiamo a un appiattimento sterile dell'offerta, asservita alle logiche globalizzate e globalizzanti che fanno di ogni luogo un luogo qualunque, un'incrocio privo di senso, nel deserto di esistenze alle quali siamo stati bravi a tagliare le radici, privandole del loro sapore specifico, per farne dei meri "galleggiamenti assenti".

 A conferma di ciò, leggo proprio oggi di un luogo piccolo, battuto dal vento di  tramontana che sembra più vicino alla Corsica che al "continente" anche da un punto di vista culturale, tanto è isolato e fieramente "altrove", tra scogliere di granito lisce e sinuose che spalancano scenari lunari inattesi e piccole appartate baie selvagge: Capo Sant'Andrea.


La piccola spiaggia del Cotoncello rappresenta uno dei luoghi più affascinanti dell'isola d'Elba


 Questo è il luogo ideale per   chi, come me, preferisce la tranquillità delle piccole baie nascoste, al clamore sguaiato delle lunghe lingue di sabbia attrezzate, perchè regala la magnificenza del fascino selvaggio di quest'isola: basta sedersi ad ascoltare.
Qui il mare è sovrano. Sciaborda, sciacquetta, s'insinua in ogni anfratto di roccia, ti segue mentre percorri traballante un percorso lungo la  meravigliosa scogliera di granito che è a tratti impervio, quando il mare "monta" e per questo ancora più suggestivo e intenso. Qui, se steso sulle coti (i sassi) socchiudi gli occhi, le vedi ancora le navi dei pirati che solcavano i mari e ti sembra di sentirle le voci dei genovesi che venivano fin qui a imbarcare il mosto locale per "tagliare" i loro vini.
Ci sono giorni in cui qui l'aria ha l'odore acre del sudore dei somari e dei cristiani che hanno conosciuto fatica  e pasti frugali e la senti ancora viva, nei solchi del viso e negli sguardi degli anziani del posto, tutta la storia che ha consumato queste coti.
Sant'Andrea richiede silenzio e amore per queste storie, per chi le ha scritte con il proprio sudore, per chi ascolta la lingua del mare e per chi, quelle storie, prova ancora a raccontarle pur non avendole vissute sulla propria pelle e lo fa con impegno e con ingegno, ripercorrendo i sentieri della memoria con chi abbia voglia e tempo di fermarsi ad ascoltare.
Per tutte queste ragioni, non posso pensare che anche quest'anno la piccola spiaggia del Cotoncello (lunga a malapena 50 metri) ospiterà una concessione di ombrelloni e pedalò, perchè non posso credere che a nessuno interessi la storia che ha da raccontare un piccolo posto in cui, a maggio, il profumo di aglio triquetro  esplode insieme ai fiori di serpaia (e chi se ne frega se per goderne mi stendo sulle coti, non lo capite, anzi, che proprio questo è il suo fascino?)
Davvero siamo così ciechi? Dovrei credere seriamente che pur vivendo e godendo di un paradiso simile, non riusciamo a sentirlo e a sentirci, noi con lui, patrimonio dell'umanità?
Oggi sono triste. Mi stendo sulle coti a respirare questo mio mare che è anche il tuo, il suo.... insomma è il Nostro mare, di tutti e di nessuno, teniamolo a mente quando lo sviliamo, lo maltrattiamo, lo violentiamo, perché anche il Mare, come i luoghi, ha un'Anima.

martedì 26 marzo 2013

#facciolamiaparte

E' un giorno di ordinaria bellezza.
Quasi stordita, assuefatta, nauseata da tutto questo splendore esco di casa e inciampo nel solito spettacolo: un girotondo di gabbiani, quella coppia di fagiani che ha preso a passeggiare nella vigna, un piccolo saluto al mare quando scendo a comprare il pane che, ancora caldo, mi riempie di tepore il viso mentro lo annuso. Quattro chiacchiere strampalate: mia figlia cresce a vista d'occhio, ogni giorno ci sono progressi e novità e curiosità da esplorare e così i nostri argomenti subiscono rapidi e doverosi aggiornamenti.



Un caffè veloce, qualche grana, due pensieri da allontanare, un groppo in gola, troppi fogli da smaltire e poi i miei progetti, quest'idea di isola che fatico a condividere, a compartecipare.
Poi per caso un twit, un hashtag che mi attira, un paio di frasi illuminanti e tutto si fa chiaro. Si dispiega bellezza davanti a me e lo sguardo si fa sereno e ampio, capace di riconoscere la fortuna del mio essere viva, qua e ora. Un fiume in piena di bella umanità entra nel mio computer, invade lo schemo di parole e scatti, pensieri e sentire. E'  uno stream of consciusness di persone vive, per le quali, come me,  "la guerra non è mai finita" e che non vogliono dimenticare ma anzi fare un viaggio nella memoria.
D'improvviso "ho voluto sapere tutto di quella sera. Per me è stato l'inizio di una nuova vita.  Senza più vergogna, senza più sentirmi addosso gli sguardi di commiserazione della gente. Ma ricordare e raccontare sono atti troppo rivoluzionari, troppo scomodi per chi ha costruito il proprio impero sulla menzogna e sull'omertà. (...)  Ho cercato di recuperare il tempo che è passato invano, inghiottito dal silenzio. Ho riavvolto il nastro dei ricordi, ho ripercorso trent'anni di storia della mia famiglia".


Non fatevi ingannare dalle apparenze: là fuori ce ne sono tante di persone che nel piccolo, nel quotidiano, al riparo dai riflettori e dal clamore, fanno la loro parte. Hanno imparato a farla in silenzio, per paura, per timore, perchè spesso sono lasciate sole ma a volte basta un hashtag, un invito discreto, uno spazio lungo 140 caratteri nel quale lasciare scivolare una vita di emozioni, un vero proprio messaggio nella bottiglia





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mercoledì 6 marzo 2013

Buon Compleanno mia Me

Ma com'è che stai anni ferma immobile, quasi atterrita o irretita, incapace di vedere oltre, di guardare più su' del tuo naso e poi arriva il giorno che fai "click" e niente è come prima: cambia il paesaggio, la prospettiva e il tuo vederti. 



Tutto quello che prima sembrava impensabile e improponibile, adesso ti sembra la cosa più logica che ci sia e quasi ti chiedi che ci sei stata a fare imbalsamata anni, ma poi ci pensi e lo senti dentro cos'è, perché lo sai che quei passi e quegli inciampi e quell'andare e ritornare e chiudere cerchi per poi aprirne altri, tutto ha avuto un senso e tutto io benedico. La gratitudine infatti mi vince su tutto. Sulle tristezza, sulle paure, sulle incertezze... su tutti i sentimenti è la gratitudine a vincere. Perché ci sono sempre stata io in tutto, non mi sono mai risparmiata, io con me c'ero, quando riuscivo e quando sbagliavo. Sempre. Ed è la mia me che prendo per mano adesso e che vedo tutta e sono felice di farlo e di aver fatto tutto quello che ho fatto, sempre con lei al mio fianco. 
Non so dire, ma è come se oggi fosse il mio primo compleanno, come se festeggiassi il mio vedermi e frugo tra le parole di una canzone per dirmi:  

Buon compleanno, bellissimo amore
riuscissi soltanto a spiegarlo a parole
il tanto che danno le singole ore d'estate passate con te.
Di che cosa sono fatte tutte le emozioni e dove piano aspettano distratte che una scusa di bufera o terremoto le sprigioni da quell'angolo remoto di ogni stupida paura?



Il colore del Cielo, la forza del Mare

E così sono arrivata al terzo terzo del mio racconto di #unterzociascuno.



Tranquilli, non è uno scioglilingua, è che io il mio viaggio a Siena in quel di Borgo Grondaie, l'ho indealmente suddiviso in tre parti. Nella prima ho raccontato di come la città mi abbia aperto il suo cuore, nella seconda ho ripercorso con voi le viuzze e le suggestioni del momento e nella terza, beh, nella terza mi dedico alla passione, al piacere di fare le cose, al trasporto con il quale si crede in ciò che si fa e dunque  all'ingrediente imprescindibile in ogni esperienza umana che si rispetti. Del resto, l'ho scritto appena arrivata: people first!

Scorci di Borgo Grondaie: l'ingresso


Inizio subito con il  dirvi quello che non sono riuscita a fare, perchè il tempo è tiranno e la varietà di stimoli che mi sono arrivati infinita e le due cose, insieme, collidono un pò.
 In effetti, avrei voluto avere più tempo per parlare con Gaia, la direttrice di Borgo Grondaie, della sua passione per l'arte che arricchisce le sale interne dell'hotel e che somiglia tremendamente a quella che mi ha sempre tenuta per mano all'Hotel Cernia,

Uno dei molti quadri di Claudio Misagia, in esposizione a Borgo Grondaie

Avrei voluto anche chiedere, sempre a Gaia, la storia dei prodotti locali che Borgo Grondaie offre a colazione (in una cornice di calore e affetto che fa davvero sentire a casa) e magari riuscire ad andare a visitare il forno dal quale compra le splendide torte casalinghe.

A Borgo Grondaie si consumano ricche colazioni vicino al camino acceso

 Con Amina avrei fatto volentieri un giro per le camere della struttura anche se, confesso, ho già capito che son tutte confortevoli e curate come quella che è stata assegnata a me perché qui la passione regna sovrana, mentre (posso dirlo?) bruciavo dalla voglia di fare due chiacchiere con il gentilissimo Chan  che la mattina prepara un cappuccino divino e ha un garbo e una cortesia nei modi, davvero unici. E poi ci sono tutti i piccoli particolari che riscaldano l'ambiente e hanno il pregio di far sentire a casa chiunque passi di lì che sono certa abbiano molte storie da raccontare.

I famosi barberi senesi ci ricordano le tradizioni

Borgo Grondaie ha molti scorci pittoreschi


Ma tant'è, il tempo a disposizione è letteralmente volato ma non senza lasciare un segno dentro di me.
Fin da subito, dalla prima colazione al Borgo, ho percepito un'insolita e piacevole sensazione di calore e accoglienza.

Gaia e Amina a colazione: cinguettano di prima mattina, incredibile!
  

Strano a pensarci, infondo con Amina ci siamo scambiate solo qualche twit mentre con Gaia non ho mai parlato prima, eppure qualcosa è scattato dentro di me. L'accoglienza spontanea e informale, il calore dei particolari che fin da subito ho notato anche negli arredi e nel modo di far sentire le persone a proprio agio, mi hanno fatto sentire a casa. Quello che mi sento di dire è che sia Amina che Gaia, interpretano con grande passione e intensità il proprio lavoro, riversando una cura e un'attenzione non comuni in quanto fanno. Personalità a tratti opposte (e io sorrido perché arrivando a Borgo Grondaie mi ero chiesta se fossero sorelle) che hanno l'intelligenza di fare della loro diversità una risorsa che le porta a completarsi vicendevolmente. Più concreta e votata alla gestione scrupolosa e attenta l'una, più vulcanica e in continua ricerca di stimoli e contenuti nuovi, l'altra, Gaia e Amina sono una coppia affiatata che lavora insieme da anni ormai e vive  un amore professionale discreto: si dileggiano in pubblico ma nel privato ognuna parla dell'altra con stima, rispetto e non comune affetto.  Questa commistione di bel sentire si riversa chiaramente negli ospiti che partecipano della vita quotidiana del Borgo con affetto. Ho avuto il piacere di parlare sia con una  coppia che da anni ormai è ospite di Gaia e Amina (e che, tale è la sensazione di affetto, ogni anno porta omaggi come si fa quando si vanno a trovare amici, in effetti) che con due giovani appena "piovuti" a Borgo Grondaie quasi per caso: in entrambi i casi si respirava soddisfazione e piacere di stare.

La mia permamenza però mi ha fatto conoscere anche Enzo Parri e sua moglie Sonia dello storico Ristorante da Enzo in Via Camollia 49.






Sonia ci ha accolte in un ambiente sobrio ed elegante nel quale campeggiano le due bandiere delle contrade di appartenenza dei padroni di casa e ci si sente subito nel centro storico della città, immersi nella sua tradizione e parte di un orgoglio che qui a Siena è vivo e pulsante. Sfoggiando una memoria invidiabile, la padrona di casa ci ha elencato una infinità di piatti sia di terra che di mare e, confesso, ho avuto qualche difficoltà a starle dietro ma la certezza che non avrei potuto sbagliare perché la scelta era ottima, non mi ha abbandonata.


Deformazione professionale: non staccavo gli occhi dalla cucina
Ho optato per un tortino di ortiche (seguendo il mio proverbiale amore per le erbe selvatiche)




e un doppio  tortello fatto in casa ripieno da un lato  di erbette e ricotta e dall'altro di vaniglia, il tutto accompagnato da un genuino ragù di carne. La sensazione? Un connubio perfetto tra storia, tradizione e curiosità che spinge all'innovazione. Non son qui però a postare foto di piatti e a spiegarvi nel dettaglio i sapori, perché di Enzo mi è rimasto addosso il contatto umano.

In effetti l'inizio non è stato brillante: noi eravamo stanche dopo il trekking cittadino e credo si sia incappate in una seratuccia no, perché i tempi di attesa sono stati lunghi (noi ci avremo messo anche del nostro, chiedendo piatti differenti, ammetto), per cui non è stato immediato l'approccio che però, quando è arrivato, ha fatto la differenza.
A fine pasto infatti ci ha raggiunte per un saluto il cuoco e per me è stato impossibile trattenere la mia curiosità. Enzo mi ha condotta in un viaggio nel tempo attraverso le vecchie cucine della nobile familgia Chigi Saracini, ad oggi uno dei più prestigiosi palazzi nobiliari che ospita l'Accademia Musicale Chigiana, presso le quali lavorava la mamma in qualità di cuoca. Si intuisce subito quindi che la passione di Enzo parla la lingua degli affetti e delle tradizioni di casa che si ritrovano anche nei sapori, con sorprendenti accostamenti e guizzi creativi che raccontano la storia delle sue numerose esperienze all'estero. Gli occhi di Enzo, parlano la lingua di chi si dedica con sacrificio e dedizione a un mestiere, sorretto da passione e grande senso del dovere.


Enzo mi ha mostrato le foto di famiglia aprendomi le porte della sua storia


Più riservata ma non meno ospitale, la moglie Sonia che si affaccenda con garbo e dedizione per i tavoli. Ho terminato la mia serata chiedendo a Enzo quale fosse il dolce più antico che proponesse (considerato che non sono riuscita a sapere quale fosse il suo preferito!!) e ho chiuso la mia cena con un sapore genuino  che mi ha fatto immaginare per un attimo di sedere nelle cucine di palazzo Chigi: la torta di mele rovesciata, un inno alla tradizione e ai sapori autentici, su un letto di crema tiepida.



L'altra persona che merita una menzione in questo mio viaggio tra le diverse umanità, è Patrizia Ricci, la custode della contrada dell'Onda (se andate a Siena, vi consiglio vivamente una visita guidata all'interno della Contrada: la vista delle sedi è interessante e aiuta l'autofinanziamento delle lodevoli e numerose iniziative che ogni contrada promuove ma ancora di più lo è il contatto con le persone che vivono in prima linea e tutto l'anno una autentica passione).



Io della mia mattinata in contrada ho capito che se non sei di Siena non puoi capire.
Ci puoi mettere buona volontà, interesse ma contradaiolo ci nasci. Il trasporto, l'emozione, la trepidazione prima della gara, il senso di appartenenza viscerale non si raccontano: al massimo si respirano, venendo qui. Gli occhi che si accendono, le guance che si infiammano al sol ricordo di quel palio in cui un fantino vinse a suon di nerbate (ma non al cavallo, all'avversario in testa), la voce che si rompe al solo ricordo di quando i contradaioli avversi fecero un agguato e le donne da sopra le case a buttare giù pentoloni d'acqua bollente: questo è lo spirito contradaiolo che vive e si accende nel racconto e che emoziona per contagio.


La vulcanica Patrizia ci racconta con ardore alcuni aneddoti


Il palio che  ti resta dentro  è quello  che hanno vissuto i contradaioli, quello  che ti si insinua nei pensieri,  che  provi a immaginartelo ma non puoi ma poi scopri che  sono bravi loro a raccontarti di quando vinse la contrada che organizzò una festa per le vie del paese come fossero tutti sotto il mare e tutte le tavole erano blu e poi, anche a te che ascolti rapito, ti sembra di vederli i bimbetti che giocano con i barberi delle contrade nelle piste improvvisate in un prato. Sapeste con quanto orgoglio Patrizia  ci ha raccontato che il primo regalo che ha fatto ai suoi figli è stato un sacchetto di barberi con i colori bianchi e blu della sua contrada, l'Onda che ha "il colore del cielo e la forza del mare" in ricordo delle milizie che facevano la guardia al Porto di Talamone.




In contrada le storie zampillano dalle fonti battesimali di ogni Chiesa (quella dell'Onda è la Chiesa di San Giuseppe, già sede della corporazione dei Legnaioli) e si diffondono per le vie della città dove campeggiano qua e là affissioni di nascita che ogni contrada è felice e orgogliosa di fare. Si, perché la nascita, come la morte o il matrimonio, sono fatti pubblici, appartengono alla contrada, tutti partecipano in qualche modo e si è tutti partecipi di un cammino comune fin dai primi passi, attraverso il battesimo di contrada.



Durante la visita nella sala delle vittorie così come all'area museale, colpiscono le ricche e fedeli riproduzioni dei costumi che nulla lasciano al caso, così come la varietà e bellezza dei pali che nei secoli si è aggiudicata la contrada. Ogni cosa che si osservi ha il sapore della dedizione e dell'impegno che i contradaioli offrono generosamente e senza alcun compenso economico.

l'area museale della Contrada dell'Onda
 In tempi in cui si è sempre più abituati a monetizzare ogni scambio di servizi, colpisce ed emoziona realizzare che ci siano persone che, spinte da una grande passione, sono in grado di realizzare così tante attività sociali con l'unico scopo di portare avanti una tradizione che la città sente ancora assolutamente attuale e viva.

La mattinata si è felicemente conclusa alla storica trattoria  Papei in Piazza del Mercato che serve dell'ottima carne alla brace e tipici primi piatti della tradizione. Purtroppo non abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Roberto il proprietario che però ci ha deliziate di una piccola perla di saggezza dicendoci che si augura che i figli studino perché "il custode non può fare il professore ma il professore può fare il custode".

Trattoria Papei, un angolo
Roberto, il saggio proprietario

Con questa grande verità e a stomaco felicemente pieno, la mia avventura a Borgo Grondaie, resa possibile oltre che dalla squisita ospitalità di Amina e Gaia, anche dall'efficente organizzazione di Silvia, Aurora e Alessandro che ci hanno affettuosamente seguito via twitter, si è conclusa.
In pieno stile "emotional", sono ripartita con un gran bel nodo alla gola, ché quando si trovano situazioni simili, sembra di conoscersi da una vita e di fatto ci si scambiano molte più informazioni di quelle "dette", e enormemente arricchita da un'esperienza che mi ha aperto svariati e impensabili affacci su altre realtà.
Il tempo di un ultimo scatto molto turistico in Piazza del Campo e..... alla prossima avventura!

Da sinistra: Elena, Simona, Io, Gaia e Amina