martedì 30 aprile 2013

Un'isola

Ti amo perché sai sorprendermi, perché fai di ogni giorno un nuovo giorno, un esercizio mai pago in cui io alleno il mio sguardo, imparo a vedere cose già viste come fosse per la prima volta, perché in effetti lo è.


A ben vedere, ogni nuovo giorno porta con sè un potenziale carico di nuove promesse, prospettive impensate, possibilità espressive che fino a ieri erano inimmaginabili e che, proprio oggi, grazie a tutto ciò che è stato fin qui, si rendono manifeste.


Ti amo perché mi ricordi tutto questo, mi tieni in contatto con la natura intima delle cose, perché mi sorprendi a ogni bivio, incrocio, curva, discesa o impervia risalita.
Di te conosco e frequento più spesso solo alcuni aspetti, ai quali non finisco mai di fare l'abitudine perché sai essere sorprendente, che però sono diventati il mio orizzonte quotidiano, nel quale frugo per trovare bellezza, ristoro e tanta poesia.


Quando poi, come ieri, mi sposto un po', sai essere disorientante nella tua straordinaria ricchezza espressiva e mi ricordi la fortuna e la responsabilità che ho nello starti vicina, nel frequentarti quotidianamente, facendo di ogni giorno uno straordinario esercizio di meraviglia e gratitudine, tenendo lontana dalla mia strada la noia e l'abitudine, perché a te non ci abitua mai.


Tu sai sedurre nei silenziosi giorni di bruma, così come nei chiassosi e colorati pomeriggi di soleggiata primavera. Mi inciti a camminarti tra pendii fioriti e baie nascoste dalle leccete ma sai anche aprirti in uno straordinario tripudio di colori nel versante minerario, quello meno battuto dalle rotte turistiche e che per questo, per me, mantiene un fascino esplosivo.



Ti amo perché mi ricordi cosa davvero è importante e cosa non lo è, mi tieni in contatto con l'essenza delle cose, mi aiuti a lasciar cadere il futile e a trattenere ciò che mi appartiene, mi regali sguardi di intimo equilibrio e pensieri leggeri, per tentare di prender fiato per poi, magari, volare.

sabato 27 aprile 2013

Invadi-AMO l'Elba!

Quella delle invasioni digitali, è un'idea geniale nata da  Fabrizio Todisco, i travel blogger italiani di #iofacciorete, gli Instagrammers Italia, Officina Turistica e l' Associazione nazionale piccoli musei, che ha il gran merito di aver coinvolto e contagiato moltissime persone, creando, cito, " una rete  di eventi nazionali rivolti alla diffusione e valorizzazione del nostro patrimonio artistico-culturale attraverso l’utilizzo di internet e dei social media".
Oggi toccca anche alla mia amata isoletta e l'appuntamento è per le 17.30 alla Torre della Linguella.
Sono particolarmente felice di partecipare a questo evento perché sono sempre più convinta che sia un GRANDE bisogno di tornare a forme collaborative e partecipative per riscoprire un nuovo e proficuo senso del "fare" nonché della "cosa comune" e con questo spirito, mi appresto a invadere uno dei tanti luoghi di cultura, scarsamente comunicati e condivisi, che abbiamo la fortuna di ospitare in Italia.
Pacifica, costruttiva, colorata, allegra e vitale: così mi aspetto che sia la nostra invasione che spero si trasformi rapidamente in in-VISIONE del mondo, della vita, della cultura, del bello che ci circonda, del qui e ora (se volete continuo, eh?!).
Ci vediamo alle 17.30 alla Torre della Linguella e.... non dimenticate le parole d'ordine/gli hashtag della giornata ovvero:

#invasionidigitali #liberiamolacultura 

Infine, citando #invasionidigitali, vi ricordo che " non è lo strumento a connotare l'invasore ma la passione e la pacifica attitudine al bello #sapevatelo"

Love and Invadi-Amo l'Elba... a tra pochissimo :)


mercoledì 24 aprile 2013

#springelba13: il viaggio nella bellezza

Oggi il cielo è sereno, almeno da questa parte d'isola.
Il Monte Capanne s'è attirato un girotondo di nuvole e qua, sulla spiaggia di Sansone, splende il sole.
Non sembra vero.
Veniamo dal versante occidentale, dove imperano alti e folti boschi di castagno e leccio e la macchia scende a precipizio fino quasi a lambirlo, il mare, che si insinua in piccole baie appartate di sabbia dorata e  sbatte nelle  scogliere lisce di granito punteggiate di intrusioni di ortoclasio.
In tre quarti d'ora di macchina, però, tutto cambia.
Questa è l'Elba.
Camminiamo lungo un sentiero di campagna e in modo del tutto naturale, inizia un concerto per "fili d'erba" che ci appassiona in un comune gioco a ritroso nel tempo e sembra d'essere bimbetti per i sentieri dietro casa: le distinzioni non esistono e soprattutto non servono, camminiamo insieme godendo della bellezza che ci circonda, punto.




Ci imbattiamo anche  in un generoso cespuglio di strigoli  e poi finocchio selvatico, terratrepoli, malva in fiore e nepitella e inizia il viaggio nelle consuetudini culinarie elbane e viaggiamo nella memoria di un'isola  attraverso i profumi della sua terra generosa.


Anche questa è la cucina emotiva per come l'ho pensata io: l'insieme delle storie che un territorio è capace di raccontare e delle suggestioni che passano attraverso i suoi profumi e i suoi colori che, come per magia, qui all'isola d'Elba possono trasferirsi in un piatto.

Arriviamo rapidamente alla spiaggia dove, in silenzio, ci fermiamo ad ascoltare il mare. C'è chi non resiste e prova a bagnarsi i piedi e chi, addirittura, un tuffo in mare non se lo fa mancare.




Resta, comune per tutti, l'emozione di un luogo che con la sua abbagliante bellezza nutre i nostri silenzi, conforta , ispira, regala sguardi fiduciosi, crea preziosi momenti di condivisione.


C'è chi grida "Caraibi!" chi fa una breve telefonata per condividere con un amico, una persona cara, quel traboccare improvviso di gioia, chi cerca tra i sassi ritrovandosi un pò bambino, chi siede in silenzio, con muto rispetto davanti a sua maestà il mare.


Ognuno porta il suo colore, la propria emozione, il proprio personalissimo (e per questo sacro) modo di accogliere, far spazio dentro di sé a un'emozione violenta perché improvvisa, inattesa, quasi insperata.
Il fatto è che la bellezza unisce e lenisce, emoziona e sorprende, affratella perché ci ricorda la comune origine, spazza via il superfluo e ci fa tornare all'essenziale, a quanto cioè ci accomuna e che con troppa facilità dimentichiamo, persi come siamo nei vicendevoli giochi di ruolo esistenziali nei quali siamo bravi a incastrarci.



Davanti a un mare turchese e a un cielo cobalto, le distinzioni si acquietano, le differenze di sesso, religione, status, cultura, diventano un mucchio di insensati ragionamenti a posteriori perché siamo messi di fronte a quanto di più prezioso esista: il nostro esserci, qui e ora, davanti a un luogo in grado di richiamarci alla sacralità della vita, alla bellezza di un dono sulle cui origini abbiamo lungamente dissertato senza mai arrivare a conclusioni sensate (perché non è con il ragionamento che si raggiungono).


La mia fortuna, nell'accompagnare persone e nel fare esperienze insieme a loro, risiede molto nei luoghi. So perfettamente che la bellezza e la ricchezza naturalistica di quest'isola mi facilita nel compito di far fare spazio, perché vedete, il primo problema è che viviamo "affollati", viviamo cioè sovraccaricati di informazioni, "cose", finte necessità, presunti bisogni, esigenze destinate a non essere mai appagate (perché ci vogliono affamati ma non folli, come diceva Jobs: solo affamati di "cose" che si sostituiscano alla nostra capacità di sentire e quindi anche di percepire gratitudine e appagamento in quanto abbiamo). Dicevo dunque che la prima cosa che sono chiamata a fare, quando propongo alle persone di viaggiare con me, è quella di invitarle a lasciare andare e a fare spazio: perché di spazio ce né, ce n'è stato e ce ne sarà (cantava Ligabue) ma non lo vediamo, non lo sentiamo, perché viviamo nella costante illusione di avere bisogno e di dover accumulare nella vita, senza comprendere che stiamo solo riempiendola di surrogati destinati a ritorcersi contro di noi perché volti ad alimentare la nostra "fame". Io credo che la bellezza curi in un certo senso, perché è capace di levare, togliere, tornare all'essenziale, discernere quanto è utile da quanto invece non lo è e sapete come? Semplicemente palesandosi, senza alcuno sforzo (non è meraviglioso?).
Quindi, per me, invitarvi a fare due passi in riva al mare è un esercizio ben più complesso e profondo di quanto possa sembrare a primo acchito. Certo che desidero mostrarvi la varietà e la ricchezza di quest'isola, ovvio che mi faccia piacere farvi vedere che in tre quarti d'ora si possano raggiungere i Caraibi comodamente seduti in macchina ma non basta.
Quello che veramente ho in animo di fare, è di farvi partecipare al miracolo della bellezza, capace di risvegliare le coscienze sopite e di indicare la via della semplicità e dell'essenza  che non conosce altre strade se non quella del cuore.

Appena ho finito di scrivere queste righe, un twit di Serena mi invitava a leggere il suo racconto  di #springelba13 (leggetelo qui se vi va) e, inutile  dirlo, c'è somiglianza, c'è bellezza, c'è passione e tutto questo mi riconduce al senso del mio scrivere, qui, ora.
Il viaggio continua...

sabato 13 aprile 2013

TemporaneaMente con Cuore Permanente

Ci sono serate illuminanti.
Serate che non lo sai nemmeno tu perché e per come: ti trovi con due donne che conosci pochissimo, la magia di un'ottima cena, il calore di una casa accogliente,  manciate di sintonia, affinità nelle sbucciature, qualche slabbro di troppo che non ha smorzato la luce degli occhi e un comune amore per un'isola che ha davvero il grande pregio di offrire  bellezza a profusione e tantissima ispirazione.
Ti trovi, dicevo, a bere un buon bicchiere di vino (amiamo lo stesso bianco, è stata sintonia anche enologica!) e così, quasi per caso, inciampi in riflessioni profonde e finisci con il mettere a fuoco le tue stesse parole, capovolgendone il senso.

People first, quante volte l'ho scritto e l'ho ripetuto. Insomma, con quanta costanza non ho fatto altro che ripetermi, senza ascoltarmi nel profondo, che le persone FANNO i luoghi e non viceversa (anche se, va da sé, ne sono fortemente influenzate). Cosa significa davvero?
Ebbene, un paio di bicchieri di buon vino, una cena squisita preparata con grande amore e la piacevole compagnia di due donne che, come me, respirano l'isola con intensità, possono aiutare a focalizzare d'un tratto nuovi orizzonti. Nello specifico, io ho capito che se i luoghi li fanno le persone, non è necessario legare la propria visione di accoglienza a un luogo perché, fermo restando che sono le persone a crearlo, il concetto di ospitalità può trasformarsi in una esperienza in itinere nella quale non solo i viaggiatori viaggiano ma anche gli ospiti.
Non è meraviglioso?
Alla fine il viaggio diventa il mezzo e non il fine, per raccontare storie, creare relazioni di scambio realizzare esperienze comuni arricchire di senso le nostre esistenze "senza fissa dimora".
Del resto, non si fa che parlare di transitorietà, di incertezza, di tempi che cambiano... perché opporvisi dunque? perché ostinarsi a mantenere fermi i punti di vista, perché continuare ad immaginare un'accoglienza fatta di persone che vengono a trovarti in QUEL luogo, perché non giocare con i luoghi, non indossarli come fossero abiti, non fare dello spazio una contenitore flessibile e adattabile alle nostre emozioni?

L'Elba con gli occhi di M. Cristina Sammarco


Quest'idea mi piace al punto che vorrei tradurla in realtà perché l'esperienza che ho fatto fin qui mi dimostra ogni giorno con maggiore insistenza che davvero la bellezzza del luogo, che senz'altro rende sensato un viaggio, non basta di per sé a rappresentarne la motivazione mentre, viceversa, le persone, le relazioni, i contenuti umani ed esperenziali che un viaggio potenzialmente ci regala, si.

Ne scriverò ancora, con maggiore precisione e dovizia di particolari che, sono certa, sarà l'esperienza stessa a suggerirmi.
Mentre tutto cambia, le certezze crollano, gli equilibri si ridefiniscono, si fa a gara a chi dipinge a tinte più fosche un futuro che, per definizione è incerto (ergo, mi verrebbe da pensare che stiamo scoprendo l'acqua calda); mentre tutto questo accade, dicevo, mi tengo l'unica certezza che io reputi sensata e cioè che al  cambiamento non ci si oppone con lo scudo della paura e delle false certezze: al cambiamento si allargano le braccia e si risponde accettandolo, assecondandolo, ascoltando quello che, di nuovo, ha da insegnarci.

venerdì 5 aprile 2013

Ogni luogo ha la sua Anima, anche il mare.

Chi l'ha detto che i luoghi non hanno un'Anima?


"In un’epoca nella quale domina l’artificio e la superficialità, basata sull’inganno patinato in modo che l’occhio non possa scorgere la profondità, il cammino filosofico dell’oltrepassamento postmoderno consiste nello smascherare l’inganno della banalizzazione utilitaristica: per spingerci dentro le cose, per discernere la manifestazione dell’essere nella narcotica nauseante ridondanza dell’edonismo consumista. E conoscere quello che il daimon del luogo ci dice: a cominciare dalle sue ferite che non possono, non devono, essere cancellate dal tempo. L’architettura può aiutarci nell’aderire all’identità profonda tra cultura e natura: ascoltando l’anima del luogo, facendo in se stessa un vuoto ricettivo, non sovrapponendo la sua razionalità strumentale, le sue intenzioni soggettive, all’autenticità del luogo, all’oggettività cosmogonica. Che parla da sé. La natura indica perentoriamente, il senso del limite, la sobrietà, la forma".

Hillman 

Ogni luogo ne ha una ben definita.
Ce ne sono centinaia di migliaia, basta tendere l'orecchio, affinare la vista e con essa la capacita di "vedere oltre". E' meraviglioso. Ogni spazio o luogo che abitiamo, non si limita ad essere il mero contenitore delle nostre esperienza ma è esso stesso parte integrante di un racconto, di un vissuto, essendo il  "portatore sano" di una topografia dinamica interiore, fatta di sentimenti e memorie, figure e forze, fantasie e pensieri,  come scrive Hillman.
Credo che questa consapevolezza  dovrebbe essere il nostro mantra quotidiano, la conditio sine qua non del nostro agire, nel rispetto di quanto abbiamo ricevuto in prestito: ricordate il discorso capo indianoSeattle al Presidente degli Usa F. Pierce?

"Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all'uomo ma l'uomo appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.
Tutte le cose sono collegate. Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra.
L'uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo. Qualunque cosa egli faccia alla trama egli lo fa a se stesso. Anche l'uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico, non può essere esonerato dal destino comune. Potremmo essere fratelli, dopo tutto".


Nell'amministrare un territorio, io sono convinta che la prima cosa da fare sia proprio il mettersi in ascolto, l'affinare quello sguardo di cui scrivevo prima, nella costante ricerca delle storie che lo spazio che abitiamo ha da raccontarci.
Ascoltare  le narrazioni insite in un luogo, significa conoscerlo, comprenderne le potenzialita e le specificità che sta esprimendo e quindi, va da sé, rendere  semplice ed efficace l'incontro tra la domanda (le persone potenzialmente interessate a un luogo e alle sue narrazioni) e l'offerta (il luogo stesso, il contenitore attivo di storie da raccontare).
Troppo spesso invece assistiamo a un appiattimento sterile dell'offerta, asservita alle logiche globalizzate e globalizzanti che fanno di ogni luogo un luogo qualunque, un'incrocio privo di senso, nel deserto di esistenze alle quali siamo stati bravi a tagliare le radici, privandole del loro sapore specifico, per farne dei meri "galleggiamenti assenti".

 A conferma di ciò, leggo proprio oggi di un luogo piccolo, battuto dal vento di  tramontana che sembra più vicino alla Corsica che al "continente" anche da un punto di vista culturale, tanto è isolato e fieramente "altrove", tra scogliere di granito lisce e sinuose che spalancano scenari lunari inattesi e piccole appartate baie selvagge: Capo Sant'Andrea.


La piccola spiaggia del Cotoncello rappresenta uno dei luoghi più affascinanti dell'isola d'Elba


 Questo è il luogo ideale per   chi, come me, preferisce la tranquillità delle piccole baie nascoste, al clamore sguaiato delle lunghe lingue di sabbia attrezzate, perchè regala la magnificenza del fascino selvaggio di quest'isola: basta sedersi ad ascoltare.
Qui il mare è sovrano. Sciaborda, sciacquetta, s'insinua in ogni anfratto di roccia, ti segue mentre percorri traballante un percorso lungo la  meravigliosa scogliera di granito che è a tratti impervio, quando il mare "monta" e per questo ancora più suggestivo e intenso. Qui, se steso sulle coti (i sassi) socchiudi gli occhi, le vedi ancora le navi dei pirati che solcavano i mari e ti sembra di sentirle le voci dei genovesi che venivano fin qui a imbarcare il mosto locale per "tagliare" i loro vini.
Ci sono giorni in cui qui l'aria ha l'odore acre del sudore dei somari e dei cristiani che hanno conosciuto fatica  e pasti frugali e la senti ancora viva, nei solchi del viso e negli sguardi degli anziani del posto, tutta la storia che ha consumato queste coti.
Sant'Andrea richiede silenzio e amore per queste storie, per chi le ha scritte con il proprio sudore, per chi ascolta la lingua del mare e per chi, quelle storie, prova ancora a raccontarle pur non avendole vissute sulla propria pelle e lo fa con impegno e con ingegno, ripercorrendo i sentieri della memoria con chi abbia voglia e tempo di fermarsi ad ascoltare.
Per tutte queste ragioni, non posso pensare che anche quest'anno la piccola spiaggia del Cotoncello (lunga a malapena 50 metri) ospiterà una concessione di ombrelloni e pedalò, perchè non posso credere che a nessuno interessi la storia che ha da raccontare un piccolo posto in cui, a maggio, il profumo di aglio triquetro  esplode insieme ai fiori di serpaia (e chi se ne frega se per goderne mi stendo sulle coti, non lo capite, anzi, che proprio questo è il suo fascino?)
Davvero siamo così ciechi? Dovrei credere seriamente che pur vivendo e godendo di un paradiso simile, non riusciamo a sentirlo e a sentirci, noi con lui, patrimonio dell'umanità?
Oggi sono triste. Mi stendo sulle coti a respirare questo mio mare che è anche il tuo, il suo.... insomma è il Nostro mare, di tutti e di nessuno, teniamolo a mente quando lo sviliamo, lo maltrattiamo, lo violentiamo, perché anche il Mare, come i luoghi, ha un'Anima.