giovedì 13 dicembre 2012

Di smancerie, auguri di plastica e zucchero a velo.

Piove a dismisura.
Piove che mi sono svegliata, perché piove e stavo sognando che pioveva ma poi, mica vero: ero già sveglia e sentivo l'acqua che batteva.
Dalla pioggia al sogno, fino al ricordo, di quando ero piccola e sprofondavo nel lettuccio caldo nelle domeniche di tempo brutto. Il tempo era un dilatarsi infinito di possibilità e speranze, mentre mi baloccavo con le mie fantasie e pascolavo i miei pensieri in praterie lontane.
Lo stesso faccio in questo periodo, da sempre associato a quello dell'Avvento, in cui si fa "spazio" nell'attesa di un nuovo anno. Sia chiaro, rifuggo feste, occasioni di pubblico augurio, smancerie pandorose e abbracci torronati. Proprio ieri, guidando sotto una piccola e divertente tormenta di neve, pensavo che sono una solitaria con gioiosa propensione alla condivisione di idee, stimoli e bellezza. Si, insomma, una che sta parecchio bene da sola ma che si diverte come una matta a condividere pensieri e parole e che fa dello scambio la sua ragion d'essere, per cui no, non parlatemi di Santo Natale sotto a un albero carico di superflue smancerie mentre bambini leziosi spargono zucchero a velo e poesie biascicate a scuola davanti a un pubblico di adulti distratti. Parliamo invece di cose piccole, torniamo alla sobrietà dell'essenza e sforziamoci di capire cosa davvero conta, cosa è in grado di fare la differenza, qual'è quel particolare che potrebbe renderci felici. A questo pensavo questa mattina stropicciandomi gli occhi e tornando col pensiero  a quando, ragazzina, immaginavo il mio futuro. Nel mio domani vorrei quello che amo nel mio oggi, lo vorrei centuplicato o meglio, a centuplicarsi vorrei che fosse la mia capacità di coglierlo, di apprezzarlo e festeggiarlo.

Vorrei mattine silenziose quando tutto intorno  ancora tace e sentire l'abbraccio di un luogo, come ha sempre fatto con me l'isola


 vorrei continuare ad avere affetti vicini che mi ricordano quando è il tempo di partire per nuove avventure


e momenti di sereno stare, in cui mi guardo intorno e tutto mi sembra perfetto

  
mi piacerebbe un pomeriggio di piovoso nulla per bere una cioccolata calda e riempirmi gli occhi di profumata bellezza, fregandomene se, nel berla, mi sono procurata dei sontuosi "baffi di cacao", ché le cose buone van godute, in barba al bon ton!


e infiniti risvegli con un affettuoso caffè nel letto


e poi ancora momenti di solo cielo



per ricordare che tutto torna, centuplicato....




 centuplicare quindi gli abbracci che darei ai miei affetti


senza smettere di percepire ogni giorno come una nuova importante opportunità di rinascita che mi permette di sentirmi viva



 nella quale sono tutti i benvenuti ma senza tradire il mio istinto solitario, che benedico perché fa parte di me


e alla fine della fiera, non prendermi mai troppo sul serio, riuscire sempre a mantenere una sana e serena dose di leggerezza e, perché no, bermi un buon caffè, mentre fuori piove a dismisura.
Piove che mi sono svegliata, perché piove e stavo sognando che pioveva ma poi, mica vero: ero già sveglia e sentivo l'acqua che batteva.





mercoledì 12 dicembre 2012

Quello che ami lo vivi

"Rivelami ciò che ami veramente, ciò che cerchi e a cui aspiri con tutto il tuo desiderio quando speri di trovare la tua vera gioia  - e con ciò mi avrai spiegato qual è la tua vita. Quello che ami, tu lo vivi. Questo amore rivelato è appunto la tua vita, la radice, la sede e il centro della tua vita”

 Fichte


Difficile aggiungere parole di senso. Sono inciampata in questa lettura e ho perso il fiato per un istante e le parole hanno vacillato prima di uscire impetuose sotto forma di ringraziamento, perché non c'è niente che senta più affine e più vicino al mio modo di pensare (e di agire) al momento. Niente riesce a distogliermi il pensiero dalla considerazione secondo la quale attraiamo ciò che siamo, che pensiamo di essere, che amiamo essere, ed è così che l'oggetto del nostro amore, dà forma alla nostra interiorità plasmandola. Tutto è in noi e da noi ha origine e ricordarlo potrebbe essere utile per mantenere un atteggiamento propositivo e volitivo nei confronti della vita e delle relazioni, che quindi saremmo (anzi, siamo!) in grado di cambiare in ogni istante perché in ogni istante è possibile che avvenga un cambiamento dentro di noi.
In un giorno che sento citare da più parti come l'anticamera della profezia dei Maya, mi piace pensare che questa si sia davvero già avverata e che un mondo, quello delle false certezze , delle ideologie calate dall'alto, delle caste di potere corrotte e indecenti, di una società dei consumi sguaiata che pensa si possa aspirare a un modello di crescita infinita (pena poi aver un terzo mondo destinato a ricoprire l'intera superficie terrestre), sia davvero finito e che si faccia spazio il tempo della consapevolezza, della sobrietà negli stili di vita, della collaborazione (magari in rete, perchè no) di un nuovo umanesimo che riporti l'attenzione sul singolo e sul valore della persona.
Quello che amo, vivo e son qui a dichiararlo e lo faccio ascoltando la voce di una grande donna che mi ricorda che...



@fravola

domenica 9 dicembre 2012

Elba. Per Tutte volte che...

Oggi ho camminato l'Elba e come spesso mi capita, l'ho guardata con occhi diversi.

Ogni giorno abbiamo occhi diversi, l'errore più comune che facciamo è dimenticarlo o peggio ancora darlo per scontato e iniziare a guardarci in giro con aria di sufficienza, come di chi, quei luoghi, quelle persone, quelle atmosfere, già li conosce a menadito per cui lo sguardo si trasforma in un rapido sorvolare sommario, distratto, quasi annoiato.
Oggi non mi sono limitata a fare esercizio di "estraneitudine" (guardare cioè ai miei luoghi, come fosse la prima volta che li incrocio) ma ho lasciato che dalle labbra salisse un lieve sussurro, quasi una formula magica, una breve benedizione che mi aiutasse a "lasciare andare"i crucci come i momenti di meraviglia legati a questi luoghi, perché  "mi sto facendo un pò di posto  e che mi aspetto chi lo sa,  che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà" (si, canticchiavo anche, lo ammetto).
Ho giocato quindi  al "per tutte le volte che"....

Per tutte le volte che mi hai fatto arrabbiare e che, dopo cinque minuti, ti amavo più di prima


Per tutte le volte che non ti ho capita, che mi sei sembrata sorda e cieca, chiusa, ostinata e scioccamente fiera del tuo essere isola mentre io avrei voluto farti abbracciare l'arcipelago e poi ho capito che eri più forte tu.


Per tutte le volte che con gli occhi appannati di lacrime, ti ho camminata sul lungomare e tu, materna, mi hai sempre accolta e ristorata e solitamente hai sciolto tutto in una fragorosa risata.

Per tutte le volte che ho avuto voglia di sbatterti la porta in faccia urlandoti che sei presuntuosa e senza futuro perché arroccata in un passato che è la tua ricchezza solo se della tua storia impasti il tuo futuro e poi, maledetta Circe, mi hai ammaliata con il tuo indiscutibile fascino.



Per tutte le volte che pensavo di conoscerti e di saperti e tu, maliziosa, mi hai ricordato che non si finisce di scoprire perchè il vero viaggio, proprio vero, consiste nell'avere occhi nuovi



Per quel giorno in cui ho capito che Ulisse non è stato ammaliato dal canto delle sirene ma da quello del mare e ho iniziato ad ascoltare le tue infiinite storie.


Per quando quel giorno a Chiessi ho urlato "Io di qua non vado via, mai" e mi hai insegnato che niente è per sempre o meglio, che in un certo senso tutto lo è, nel mentre che lo vivi, perché ogni istante è per sempre se è così che lo senti. Dunque non indugiare e festeggia, benedici sempre ciò che incontri e fallo con la solennità riservata a ciò che è "per sempre".

Per tutte le sere in cui ti cercherò e capirò che non occorre che ti cerchi perché anche io sono Isola e in te c'è un gran bel pezzo di me.


Per tutte le volte che avrò l'illusione di mettere via un pò di cose e capirò che niente si può mettere via, perchè tutto ciò che ho costruito, ho incontrato e ho amato, viaggia con me.


sabato 8 dicembre 2012

Di viaggi per sognatori audaci

Questo post nasce da un post, che poi è una post riflessione di un qualcosa nato a BTO.
Questa mattina infatti ho letto una interessante considerazione che Paolo Ratto ha fatto sul suo blog (andatela a leggerla qui, perché merita). Sono stata attratta subito dal titolo, perché la presunta (in)calcolabilità del ROI con me ha presa facile. Non è un mistero infatti che io sia tendenzialmente allergica alle pratiche "vivisezionatrici" che pretendono di misurare, comparare, rendicontare ogni singolo frutto dell'operato umano.
Da buona amante degli sguardi olistici, protendo invece per una visione di insieme che non risparmia quindi neanche tutte le operazioni di comunicazione che sottendono l'attività di una azienda (in questo caso un hotel). Quello che voglio dire, e che ho cercato di esprimere anche nel rispondere a un quesito che mi è stato posto durante il mio speech a BTO, è che la vera rivoluzione che i social media hanno apportato, è di ordine culturale. L'avvento del 2.0 ha in effetti stravolto il comune sentire, ponendo al centro dell'interesse ogni singola voce (o cinguettio) e quindi l'individuo, la persona, il suo bagaglio di unicità e di esperienze. In questa ottica vengono a cadere le "strategie di mercato" e si insinua un nuovo concetto: quello secondo il quale la migliore strategia che una azienda può mettere in campo, è proprio la risorsa umana di cui dispone, in termini di qualità personali, predisposizioni, interessi, attitudini che i social media aiutano a esprimere e a mettere in risalto. Un esempio per tutti? Peccando di campanilismo potrei citare  TRIP TRIP HURRA', la videorisposta che abbiamo realizzato per cercare di capire quali fossero i motivi dello scontento che aveva originato una serie di recensioni negative tutte molto simili tra loro, a partire da un presupposto per noi imprescindibile: metterci la faccia, dare valore alle persone, dare una voce e un volto a quelle critiche.

Si, perché dietro alla pasta scotta o al giardino a mare con i cestini da vuotare o alla sottoscritta che offre aperitivi agli amici, ci sono storie, vissuti, esperienze, talavolta anche difficoltà e momenti no, dei quali avere rispetto a prescindere. Avere rispetto delle persone, mettere al centro le loro storie, non significa giustificarle a prescindere né che queste siano infallibili, significa solo tornare a dare il giusto valore a quanto ci circonda e per farlo, io credo si dovrebbero raccontare più storie e fare meno analisi quantitative sui ritorni degli investimenti che non sono, di fatto, quantificabili se non nel lungo periodo, soprattutto in termini di brand reputation, per dirne una.
Se davvero iniziassimo a pensare che la nostra migliore strategia siamo NOI e che quindi sarebbe opportuno iniziare a pensare a una "filosofia" della comunicazione, intesa come un momento di silenzio nel quale iniziamo a chiederci "chi siamo, cosa vorremmo esprimere, a chi stiamo parlando e con quali mezzi", credo che in giro troveremmo più storie da raccontare e meno questionari sulla soddisfazione da compilare a fine soggiorno e forse, la vacanza tornerebbe a essere un luogo per sognatori audaci!

giovedì 6 dicembre 2012

Di come (e di quanto) il luoghi li facciano le persone

"È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. […] La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo". 
Pessoa

Si, lo ammetto, il libro dell'inquietudine di Pessoa c'entra con questo post.
O meglio, c'entra la sensazione che alla fine della fiera i luoghi li facciano davvero le persone e che quindi questi siamo una semplice "coincidenza spazio temporale", utile affinchè l'incrocio umano abbia luogo.
Ma andiamo per gradi (mi son confusa anche io!)
A fine novembre mi chiama un caro amico. Ah, si, perché mentre faccio la cantastorie all'Hotel Cernia, capita che io incontrando ospiti, artisti, musicisti, mi invaghisca tremendamente della loro umanità e in un soffio entrino a far parte della mia "famiglia". Nella fattispecie, quindi, il caro amico che mi ha chiamato a Novembre, è Fabrizio, un vulcanico batterista pittore siciliano che ho avuto il piacere di incontrare qualche anno fa proprio in hotel, dove si esibì con il suo quartetto jazz. Durante la telefonata, ho appreso che il mio amico stava organizzando un tour nel centro Italia e che una data era prevista a Pisotoia. Pistoia??
 In un attimo ho realizzato che Marco, un altro mio amico, gestisce una struttura proprio lì vicino, e che sarebbe stato fantastico poter provare a realizzare un incontro di persone, affetti, storie, legati a doppio filo al Cernia (perché avrei contattato gli ospiti, che nel tempo sono diventati amici, dell'hotel) ma fuori dall'albergo, proprio nel Frantoio di Colle Alberto dove lavora Marco. In un attimo è stato tutto un frullar di telefonate, mail, contatti, proposte e, senza che me ne rendessi conto, è nato il #cerniatour ovvero la possibilità di fare incontrare le persone e gli affetti che si sono creati all'isola d'Elba ma a Pistoia, in un'altra struttura, facendo esibire gli amici jazzisti dopo una cena preparata dal nostro cuoco. In pratica, le persone sarebbero state le stesse (e quindi abbiamo esportato anche la nostra cucina emotiva) ma il luogo sarebbe stato completamente diverso. Distese di campi e ulivi vs. il mare cristallino dell'Elba e il giardino del Cernia e in un attimo ho capito che avrei avuto modo di provare personalmente quanto aveva scritto Pessoa, riguardo ai luoghi, ai viaggi e alle persone.
Il risultato è stato a dir poco entusiasmante perché in un brevissimo lasso di tempo non solo mi sono sentita a casa in un luogo (tra l'altro la struttura è bellissima, dateci un'occhiata qui) mai visto prima, ma mi son trovata ad accompagnare in camera gli amici, ad accoglierli al loro arrivo, a mangiare alla stessa tavola con loro proprio come accade in hotel.

 












In pochissimo tempo, mi è stato chiaro che la magia che pervade l'albergo, è il risultato di un incrocio umano straordinario che ha la virtù di procurare gioia e benessere non solo in chi ci viene ma anche in chi, come me ci lavora. Ho avuto quindi la assoluta certezza che i luoghi sono "meri" pretesti relazionali, quasi come fossero degli svincoli autostradali, delle aree deputate all'incontro e allo scambio tra persone, storie, vissuti. In questa chiave, riesco a leggere diversamente anche il mio lavoro e ad aggiungere un colore nuovo ad esso. 
Confesso che spesso mi sono sentita dire, in modo più o meno diretto, che quanto facevo era "facile" a farsi, perché mi trovo in un posto meraviglioso (l'isola d'Elba e nello specifico Sant'Andrea che è realmente uno degli angoli più fascinosi dello "scoglio") e lavoro in un bell'albergo e confesso anche che non ho mai replicato a queste affermazioni. La ragione del mio silenzio, è che, pur sussistendo le condizioni di "bellezza" che mi venivano ricordate (a volte con veemenza, lo confesso) non somo mai stata gran chè convinta che la bellezza di per sé bastasse. Il Cerniatour mi aiuta a trovare una risposta e a capire forse ancora meglio dove risieda la magia nel mio lavoro. Se Colle Alberto si trova in un tratto di campagna pistoiese molto bella e la struttura, di per sé, è piena di fascino perché recentemente ristrutturata con gusto, non credo che l'appeal complessivo del luogo basti a giustificare la "pienezza" vissuta in quei giorni di un piovoso novembre. Niente SPA o trattamenti benessere, intrattenimenti serali o piste sciistiche a motivare il lungo viaggio degli ospiti (che ci hanno raggiunto anche da Roma e Torino) ma un solo, insostituibile ingrediente: l'incontro. 

 A Colle Alberto, abbiamo vissuto due giorni di affetto, circondati dalle attenzioni di Marco che si è adoperato mettendosi in gioco in una avventura del tutto nuova per lui, e in un attimo ci siamo trovati tra i banchi del mercato a fare la spesa dai contadini, dietro ai fornelli ad aiutare Michele, il cuoco, in sala da pranzo ad apparecchiare e infine tutti insieme a colazione per un pieno di buoni propositi. Non amo il Natale, purtroppo fin da quando sono piccola, ma se dovessi immaginarmene uno, somiglierebbe ai miei giorni a Pistoia. Non raccontatemi balle: i luoghi, così come i viaggi, li fanno le persone e io ne conosco di straordinarie, parola mia.



lunedì 3 dicembre 2012

Il #BTO che vorrei

Leggo con interesse le prime testimonianze di chi, come me, BTO lo ha vissuto in prima persona.
I pareri sono vari, come è giusto e auspicabile che sia e da questa ricchezza traggo spunti, motivi di riflessione e stimoli ulteriori.
In effetti, un evento di così ampio respiro, è impossibile che lasci indifferenti e che non accenda il desiderio di parlarne, confrontandosi con altri.
Nonostante il mio sia un bilancio più che positivo, trovo sensate molte delle critiche che sono state rivolte all'organizzazione (certamente ho notato anche io la fastidiosa mancanza di semplici ciabatte messe a disposizione dei visitatori, notoriamente "affamati di energia" per ricare i proprio dispositivi, così come mi sono meravigliata della mancanza di rete per le prime ore della mattinata). Il primo commento a caldo che mi si affaccia sui polpastrelli delle dita in proposito, è che spesso sono le piccole cose a sfuggire di mano quando si organizzano grandi cose e per questo trovo utile che i partecipanti mantengano uno sguardo critico, aperto a suggerimenti e proposte di miglioramento. In poche parole, mi meravigliano poco questi problemi, direi che rientrano nell'umano e non mi impediscono di leggere tra le righe il contenuto che ci stiamo scambiando mettendoci in rete, appunto. Certamente è importante dare segnali di ascolto a queste problematiche, ponendo le basi per una loro risoluzione futura, ma del resto, non sono invitati anche per questo un quasi centinaio di blogger?
Quello che invece mi sorprende e un pò mi infastidisce, è il famoso eccesso opposto. Da alcuni commenti, infatti, ho potuto evincere un atteggiamento del tipo "nessuno ha il coraggio di criticare, solo noi lo abbiamo" che ritengo sia sbagliato e "sordo" (attenzione: proprio qui che si parla di social, l'ascolto va mantenuto in alta considerazione).
In effetti io ho rispetto di tutte le posizioni e comprendo le ragioni di critica che alcuni hanno espresso e non capisco perché, al contrario, chi si fa portavoce di un disagio che personalmente ha vissuto, debba assurgersi al ruolo della Giovanna d'Arco di turno. Non sarebbe più semplice prendere in considerazione tutte le preziose voci che vanno levandosi nel post BTO e cercare di riunirle in una appetitosa ricetta condivisa per la prossima edizione? Imparare dalle critiche, rafforzandosi con il sostegno dei soddisfatti, per cercare una strategia comune, un vero mettersi in rete per costruire una consapevolezza social che sta alla base di manifestazioni importanti come la due giorni fiorentina.
Ecco, il #bto che vorrei, dovrebbe insegnarmi a fare questo, a guardare alla pluralità delle espressioni con atteggiamento aperto e dialogico, senza incorrere nella tentazione di pensare che il mio pensiero sia più importante del nostro. In pratica, caro BTO, aiutami a capovolgere una lettera: fai del ME uno strepitoso WE e sarò tua per sempre :)

domenica 2 dicembre 2012

#MYBTO: si può fare!


Non so se è stato il primo o il secondo giorno di BTO che, incontrando un ragazzo e iniziando a parlarci, questo mi ha detto che il bello della due giorni social fiorentina, è che si respira un'aria diversa, intrisa di ottimismo e di belle speranze... niente a che fare con il "mondo là fuori".
Sulle prime non ho risposto.
Capivo che qualcosa risuonava ma qualcos'altro non mi tornava.
Ho impiegato due giorni, una premiazione e uno speech per fare chiarezza dentro di me.
In effetti ho compreso che la magia di BTO, non è tanto quella di immergersi in un contesto di ottimismo e belle speranze, in contrapposizione con il "mondo reale". BTO è un'esperienza incredibilmente rigenerante (e che, vi garantisco, crea dipendenza) perché è li a ricordarti ogni istante che "si può fare".
BTO, ti ricorda in ogni istante che la passione e la dedizione fanno sempre la differenza, che basta spostare il fuoco dell'attenzione, cambiare anche un paio di piccole abitudini, riuscire a capire che l'utilizzo dei social non è avulso dalle nostre normali pratiche lavorative e che pertanto presidiarli non solo non è una perdita di tempo ma il nostro migliore investimento in termini di "ROI", a patto che si cominci a capire che quell'investimento è di natura UMANA e che pertanto, anzichè continuare a parlare di STRATEGIA MARKETING, sarebbe più utile inziare a soffermarsi sulla sua filosofia, su quel modo di ESSERE social che fa la differenza e che ne sottende un utilizzo virtuoso e potenzialmente virale.
Se, come  credo, social ci SEI e non ci FAI, BTO rappresenta senza dubbio un importante "calderone di informazioni", un incrocio di vissuti ed esperienze, accomunati dall'imprescindible valore della autenticità e della genuinità.
In un mondo che talvolta sembra andare implastifichendosi sempre di più, lavorare in un contesto che valorizza un modo di essere social, significa inziare  a percorrere la strada di un nuovo umanesimo delle coscienze, inziare a capire che il vero valore aggiunto siamo NOI e che insieme (non a caso ci si mette in rete in queste occasioni, ci avete mai pensato?) possiamo contribuire alla costruzione di una nuova consapevolezza; quella che non solo comprende che SI PUO' FARE ma anche che noi siamo la migliore "strategia marketing" che si possa sperare di adottare per la nostra azienda perchè la differenza la fanno davvero le persone. Non so quando e grazie a chi, abbiamo smesso di credere in noi stessi, abbiamo iniziato a presupporre che fossimo numeri e/o codici a barre da impiegare in una lunghissima e anonima catena di montaggio ma so che adesso i tempi per una nuova consapevolezza dell'etica lavorativa e non solo, sono maturi. A conferma di ciò, ho twit e post, messaggi privati e abbracci, strette di mano e biglietti da visita, richieste di consulenza e inviti in meravigliose realtà italiane gestite da chi, con passione e dedizione, cerca di metterci cuore e passione in quello che fa e non ce la fa ad arrendersi all'imperante modello globalizzante e impersonale che ci vuole schiavi della paura della "crisi". Queste persone, come me, chiedono occasioni -  ce ne vorrebbero cento di BTO in un anno! -  per riaccendere la fiamma della speranza e tornare a credere che SI PUO' FARE. Non voglio farmi fregare dalla tentazione di un retorico giro di ringraziamenti, mi rifugio lesta in un grande abbraccio che sono certa arriverà a destinazione.