sabato 19 gennaio 2013

Felici si nasce o si diventa?

Amo la radio. Mi piace un sacco. Mentre la TV pretende che tu la osservi (per cui se la accendo mentre faccio altro, mi distraggo continuamente per andare a vedere cosa sta succedendo) lei, la radio, discreta mi accompagna mentre lavoro, cucino, sistemo e spesso lo fa nutrendomi di  informazioni, curiosità, approfondimenti che mi lasciano sempre un sedimento dentro, che vuol decantare nel tempo.
Così oggi a Radio Rai3 è stata la volta di Radio3 Scienza che, guarda caso, trattava del Festival delle scienze di Roma che quest'anno approfondisce il tema della Felicità.


Si potrebbe disquisire a lungo sul perchè, ultimamente, fioriscano sempre più di frequente dissertazioni scientifiche (quindi socialmente date per buone) su questi temi, fino a poco tempo fa relegati all'ambito del new age o delle scienze olistiche (per i più roba da "santoni", per intendersi) ma qui e ora preferisco raccontarvi l'esperienza odierna. A parlare  del rapporto tra sessualità e felicità, la neurobiologa Gillian Einstein, docente del dipartimento di psicologia dell'Università di Toronto che fin dalle prime battute ha catturato la mia attenzione. La Einstein, chiamata a dare una piccola anticipazione di quella che sarà la sua Lectio Magistralis oggi a Roma, sostiene che le esperienze che facciamo nella nostra vita, danno di fatto sostanza alla differenza dicotomica tra i sessi socialmente accettata e che, a ben vedere, in natura queste differenze sarebbero meno marcate e più sfumate se a ognuno fosse data la possibilità di esprimere il proprio "colore". A rafforzare la tesi, l'idea, da me condivisa, che il manifestare un senso di appartenenza di genere secondo canoni prestabiliti (abbigliamento, cura di sé, modo di esprimersi e di esprimere le proprie emozioni) serva principalmente a colmare la paura del diverso e dello scoprirsi diversi dalle aspettative che su di noi ricadono. Sostanzialmente, continua la Einstein, per condurre una vita felice bisognerebbe essere capaci di fare 2 cose: aprirsi alla diversità e varietà del mondo spogliandosi del giudizio (bello-brutto, giusto-sbagliato, buono-cattivo e così via) e conoscere se stessi (di socratiana memoria) facendo dell'accettazione di sé e della adesione alla propria individualità, la propriaa ragion d'essere.
Inutile aggiungere che questi sono temi a me cari, che percorrono come un sottile e invisibile filo rosso tutte le dissertazioni tra il serio e il faceto che compongono il mio blog; più prezioso invece sottolineare con piacere quanto questi temi, chiamiamoli esistenziali, entrino di diritto a fare sempre più parte del nostro quotidiano, sconquassato dal cambiamento in ogni campo del nostro vivere. Mentre vengo a sapere che in Sardegna esiste l'Università della Felicità e mi mangio le mani perchè dall'Elba mi è davvero impossibile iscrivermi, non faccio che rafforzare la mia personale convinzione che ci sia un gran bisogno di tornare all'essenza del vivere e del condividere e che per farlo, il primo passo sia quello di avere cura di sé, conoscendosi e apprezzandosi, per riuscire in seconda battuta ad estendere questo sentimento di accettazione serena anche al prossimo. Per dirla con Nathaniel Hawthorne:

Happiness is a butterfly, which, when pursued, is always beyond our grasp, but which, if you will sit down quietly, may alight upon you.


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